La 190/2014, legge istitutiva del regime forfettario stabilisce nell’articolo 1 comma 59 che “Salvo quanto disposto dal comma 60, i contribuenti che applicano il regime forfetario sono esonerati dal versamento dell'imposta sul valore aggiunto e da tutti gli altri obblighi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi e di conservazione dei relativi documenti”
La formulazione normativa è come spesso accade non felice. Da una prima lettura infatti potrebbe sembrare che i contribuenti in regime forfettario siano solamente esonerati dal versamento dell’IVA ma la successiva frase che recita “e da tutti gli altri obblighi previsti” chiarisce meglio il campo di applicazione della norma che esclude dal campo di applicazione IVA tale regime.
La relazione ministeriale, ripresa sullo stesso sito dell’Ade chiarisce meglio il concetto ribadendo che “coloro che applicano il regime forfetario non addebitano l’Iva in fattura ai propri clienti e non detraggono l’iva sugli acquisti. Non liquidano l’imposta, non la versano, non sono obbligati a presentare la dichiarazione e la comunicazione annuale Iva”.
Quindi il regime forfettario, ai sensi della legge 190/2024, non è soggetto a IVA e il contribuente non addebita mai, in nessun caso, l’IVA ai propri clienti. Il contribuente, al limite, può solo essere debitore di imposta secondo quando previsto dal comma 60 in particolari casi: reverse charge, fatture estere ecc.
La legge 190/2014 pone tutte le operazioni effettuate dal regime forfettario al di fuori del campo di applicazione dell’IVA, e quindi non è necessario applicare i vari casi di esenzione o esclusione dell’imposta previsti dalla normativa in quanto tutte le operazioni lo sono già.
Per esempio un medico dovrebbe applicare l’IVA secondo i principi generali ma il tipo di prestazione è esente ai sensi dell’articolo 10 del dpr 633/72 (legge IVA), così come un’impresa edile in regime di subappalto non applica l’IVA perché soggetta all’inversione contabile.
Se tali attività venissero svolte in regime forfettario non sarebbero soggette IVA tout court. Se così non fosse allora i medici in regime forfettario dovrebbero indicare nelle loro fatture il codice IVA N4 (operazioni esenti) invece che il codice IVA N2.2 non soggette. Così come un edile forfettario dovrebbe utilizzare il codice N6.3 in caso di subappalto e N2.2 negli altri casi. È evidente che questo non accade perché non è la volontà del legislatore né alcun ardito ermeneuta potrebbe avallare una interpretazione di questo tipo.
Non si capisce quindi per quale motivo delle spese anticipate per conto terzi debbano essere indicate dal forfettario con il codice N1, ovvero escluse dalla base imponibile ex art. 15 DPR 633/72 se in ogni caso tutte le somme fatturate da un contribuente in regime forfettario sono già ex lege non soggette a IVA.
Tale indicazione, per quanto non corretta, non ha risvolti di carattere pratico, in quanto in ogni caso l’importo non sarebbe stato soggetto a IVA. Al limite potrebbe permettere di discernere gli importi soggetti a tassazione nel quadro LM da quelli non soggetti, posto che in ogni caso non basterebbe sicuramente l’indicazione del codice N1 per essere sicuri che tali importi non siano imponibili ai fini delle imposte dirette.
Ad ogni modo non vi è nessun obbligo per un contribuente in regime forfettario di indicare le spese anticipate per conto terzi sotto la voce N1, anzi per quanto sopra detto tale indicazione risulta errata anche se l’errore non comporta alcun risvolto pratico.